Raccolta di racconti, favole e poesie

martedì 16 ottobre 2012

La piuma d'oro dell'uccello di fuoco - favola russa




Molti e molti anni fa, in un paese lontano, regnava uno zar forte e potente. Lo serviva un arciere che godeva della sua stima e possedeva uno stupendo cavallo.
Un giorno l'arciere se ne andò a caccia e cavalcò a lungo attraverso campi e foreste di un bel verde. Ad un tratto l'arciere vide in terra una piuma d'oro dell'uccello di fuoco che risplendeva in lontananza. L'arciere non stava più in se dalla gioia.
- Vola, mio bel cavallo, - gridò - vola! Quella piuma non può che diventare mia! La porterò allo zar e ne riceverò in premio una bella ricompensa.
- Lascia quella piuma, - lo ammonì il cavallo - può essere pericoloso. Potresti passare molti guai.
-  Perché mi parli così? - replicò meravigliato l'arciere.
- Perché raccogliere quella piuma d'oro potrebbe risultarti molto pericoloso.
- Ma è una vita che attendo una tale fortuna!
- Non importa, - ribadì il destriero - evita i guai.
L'arciere non ne volle sapere di obbedire al cavallo, si chinò e raccolse la splendida piuma.
- Vola, bel cavallo, - gridò - andiamo dallo zar. Già pregusto il dono che vorrà farmi.
Non fu facile raggiungere la reggia dello zar. Una siepe di soldati e di armi lo proteggeva da chiunque. Quando finalmente fu introdotto al suo cospetto, l'arciere si inchinò.
- Mio signore, - disse emozionato - vi dono questa piuma d'oro dell'uccello di fuoco.
- Ti ringrazio, - rispose lo zar con un bel sorriso. - Ammiro la tua fedeltà, ma... devo chiederti di portarmi anche l'uccello di fuoco, dal momento che mi hai portato una sua piuma.
- E' un'impresa quasi disperata, mio signore.
- Non importa, è il tuo zar che te lo chiede. Se non fai quanto ti dico, sarai decapitato!
L'arciere si inchinò e usci dalla reggia. Era disperato e piangeva lacrime amare.
- Che hai? - gli chiese il destriero - Non t'ho mai visto piangere così.
- Lo zar mi ha ordinato di portargli l'uccello di fuoco - rispose l'arciere.
- Come vedi, - proseguì il cavallo con un rimprovero - non mi ero sbagliato.
- Come farò ora? - sospirò l'arciere affranto.
- Una soluzione c'è, - lo rincuorò il destriero - non perderti del tutto. Ben altra disgrazia dovrà ancora colpirti. Adesso recati dallo zar e chiedigli di far spargere in un campo cento sacchi di grano.
- Che significa tutto questo? - chiese l'arciere.
- Fa' come ti ho detto, - tagliò corto il cavallo - e non ti preoccupare.
L'arciere seguì le istruzioni del suo destriero.
L'indomani si recò al campo e si nascose dietro un albero. La giornata era molto bella e il sole splendeva. Il mare era calmo e di un azzurro meraviglioso. All'improvviso si levò un forte vento, il cielo si oscurò e il mare si increspò. Tutto era cambiato a causa dell'uccello di fuoco che scendeva sul campo.
Il bravo destriero non si lasciò sfuggire l'occasione di catturare quello strano animale. Gli fu sopra, gli bloccò una delle ali e attese che l'arciere arrivasse. In breve l'uccello di fuoco fu immobilizzato e caricato sul cavallo. Non restava che recarsi alla reggia dello zar.
- Ti ringrazio, - disse il sovrano al suo arciere - sei stato molto bravo. Ti farò avanzare di grado: lo meriti.
- Grazie mio signore - rispose soddisfatto il giovane.
- Ora, però, - proseguì lo zar - devi cercarmi una fanciulla da sposare. Ho deciso, mi porterai la principessa Vassilissa che vive in una terra molto lontana dalla nostra. E' lei la fanciulla che sogno.
- Maestà... - stava per obiettare l'arciere.
- Non hai dunque capito? - soggiunse lo zar - Desidero la principessa Vassilissa. Se me la porterai qui, avrai oro ed argento in quantità. Se tornerai a mani vuote, pagherai con la vita!
Ancora una volta l'arciere pianse a lungo e disperatamente. L'impresa era più che mai ardua.
- Che hai? - gli chiese ancora una volta il cavallo.
- Sono nei guai - rispose l'arciere - Lo zar vuole che gli porti la principessa Vassilissa che vive lontano dalle nostre terre. Ahimé, come farò?
- Non preoccuparti, - lo consolò il cavallo - non è questa la vera disgrazia che ti capiterà. Ascoltami: va' dallo zar e chiedigli una tenda regale e le provviste per la lunga cavalcata fino alle terre della principessa Vassilissa.
- Farò come vuoi - concluse l'arciere.
Si recò dallo zar e chiese sia la tenda che le provviste, poi si allontanò verso il lontano paese della principessa Vassislissa.
Il cammino fu lungo e molte terre vennero attraversate. L'arciere giunse finalmente ai confini del mondo, dove sorgeva il sole dal mare. Proprio sul mare una bella barca d'argento cullava la principessa.
"Mi fermerò qui, - pensò l'arciere - monterò la tenda e mi ristorerò dal lungo viaggio".
Ma la principessa Vassilissa lo scorse da lontano e lo raggiunse.
- Chi sei? - gli chiese sorridendo.
- Sono un arciere del mio zar - rispose il giovane. - Il mio zar governa una terra molto lontana da questa.
- Che fai qui? - domandò ancora la principessa.
- Mi ristoro dal lungo viaggio - rispose il giovane. - Perché non assaggi il i miei cibi e il mio vino? Prendi pure!
La bella principessa bevve un sorso del buon vino e fu colta da un sonno profondo. Addormentata sulla tenera erba era ancora più bella.
Accorse il destriero e l'arciere sistemò sulla sua groppa la principessa. Si partì al galoppo, veloci come il vento. Il cammino fu meno lungo della prima volta. Quando lo zar vide davanti a sé la bella principessa fu preso da una gioia incontenibile.
- Bravo, mio arciere, - disse soddisfatto - meriti una grossa ricompensa. Avrai molto denaro e una promozione.
La promessa fu mantenuta. Ma la principessa Vassislissa, una volta destatasi dal suo sonno, cominciò a urlare. Voleva tornare alla sua terra e al suo mare lontano. Invano lo zar tentò di calmarla, dicendole che l'avrebbe sposata e fatta vivere come meglio non si sarebbe potuto. La principessa era disperata e, più di lei, lo zar. Solo dopo molti tentativi, egli riuscì a strapparle una promessa.
- Ti sposerò, disse la principessa - solo quando mi avrai fatto portare l'abito da sposa.
- Dove lo cercherò? - domandò lo zar.
- Nelle profondità del mio mare - rispose la principessa. - Laggiù è custodito sotto una grande pietra, difesa da un gambero gigante.
"Non mi resta che rivolgermi all'arciere" pensò lo zar.
E l'arciere fu convocato a corte per un'altra impresa.
- Vola, mio arciere, - gli disse lo zar - vola più veloce che puoi verso i confini del mondo e portami l'abito da sposa della principessa. Si trova nel mare profondo, sotto una pietra: lo custodisce un gambero gigante.
- Mio signore... - balbettava l'arciere.
- Ti ho ordinato di partire - gridò lo zar. - Se tornerai vincitore, ti colmerò di ricchezze di ogni specie; se fallirai la prova, ti ucciderò. Ora va'.
L'arciere sentiva che non ce l'avrebbe fatta. Prese a piangere come un disperato e fu ascoltato dal destriero.
- Perché piangi? - gli domandò il cavallo.
- Lo zar mi ha comandato di tornare nella terra della principessa Vassilissa e di portargli il suo abito da sposa, che si trova sotto il mare.
- Se tu mi avessi dato ascolto quel giorno! - lo rimproverò il cavallo - Non avresti dovuto raccogliere la piuma d'oro. Comunque, non è questa la vera disgrazia, consolati!
- Come farò? - si lamentò l'arciere.
- Lasciati guidare da me, concluse il cavallo - e andiamo via come il vento.
Corsero a più non posso e raggiunsero i confini del mondo. Il mare era azzurro e luccicante: là era l'abito da sposa della principessa. Il gambero gigante si trovava sulla riva: era smisurato e incuteva paura.
- Fatti coraggio! - disse il destriero all'arciere.
Il giovane avanzò e bloccò l'animale al terreno con un piede. Il gambero chiese pietà, come incapace di difendersi. Allora l'arciere gli comandò di consegnargli l'abito da sposa.
- Farò come vuoi - gemette il gambero, e ordinò a molti suoi simili di scendere nelle profondità del mare a prendere l'abito da sposa.Dopo un po' il giovane poteva ripartire per la sua terra.
Lo zar accolse felice il suo arciere e si complimentò per l'audacia, ma la principessa Vassilissa fece di nuovo i capricci.
- Che hai ora? - chiese lo zar sconsolato.
- Se vuoi che ti sposi, - rispose quella - ordina all'arciere di calarsi in una pentola di acqua bollente.
A malincuore lo zar fece preparare l'acqua bollente per il malcapitato arciere, che si divincolava tra le braccia muscolose dei soldati di corte.
"E' la fine - pensò il giovane. - Ora mi accorgo davvero che non avrei dovuto raccogliere quella maledetta piuma d'oro. Ormai non c'è più nulla da fare: ecco la vera disgrazia!"
Subito dopo ebbe un'idea.
- Mio signore, - disse - potrei rivedere il mio adorato cavallo prima di essere ucciso?
- Ti concedo ciò che chiedi, rispose lo zar - in considerazione delle belle imprese da te compiute.
Fu portato il destriero.
- Amico mio fidato, - singhiozzò l'arciere - se muoio è solo per mia colpa. Avevi ragione, non avrei dovuto prendere quella piuma. Ora mi attende una morte atroce.
- Invece non morirai, lo rassicurò il cavallo - perché io ti renderò resistente al calore. Va' pure tranquillo!
- Ti rivedrò, dunque, amico mio? - chiese l'arciere.
- Mi rivedrai - rispose il cavallo.
Vennero i soldati dello zar a prelevare l'arciere e lo portarono davanti all'acqua bollente. Pochi istanti e lo scaraventarono dentro; pochi istanti ancora e il giovane ne venne fuori sano e salvo, anzi più attraente di prima. Era un miracolo e tutti ne furono meravigliati.
Lo zar, vedendo il giovane addirittura più bello, pensò che un bagno nell'acqua bollente gli avrebbe fatto bene e non esitò un solo istante a tuffarsi nel pentolone. Il calore lo lessò ben bene ed egli vi lasciò la vita.
Nell'entusiasmo generale l'arciere fu proclamato zar e legittimo marito della principessa Vassilissa. Le nozze furono ricche e splendide e i due giovani ebbero una vita colma di felicità e di amore.

Nessun commento:

Posta un commento