Raccolta di racconti, favole e poesie

mercoledì 24 ottobre 2012

Tur Alì e la principessa di Trebisonda - favola turca



La bellezza della principessa di Trebisonda, la potente città che si affacciava sul Mar Nero, era nota in tutte le terre.
Era un'amazzone eccezionale: tirava due archi insieme, a destra e a sinistra. Ogni suo colpo era micidiale. Nessuno poteva competere con lei.
Un giorno, suo padre decise di darla in moglie a un uomo di molto coraggio che fosse stato così abile da uccidere tre belve: il leone reale, un cammello selvaggio e un toro feroce. Già trentadue uomini si erano presentati a corte per il tentativo e trentadue teste pendevano dai torrioni del castello. Proprio questo era il destino di chi falliva la prova delle belve: essere decapitato.
Di passaggio da Trebisonda, Quanli Qoga, il valoroso principe della tribù degli Oguz, notò le teste appese al castello e ne ebbe tale paura che i pidocchi della sua testa caddero stecchiti ai suoi piedi.
"Se mio figlio vorrà - pensò tra sé - potrà provare a vincere le tre belve. Ha coraggio certamente, ma se non se la sente di venire qui, che si accontenti pure delle donne della nostra tribù".
Tornato dai suoi, Qanli Qoga, si recò dal figlio Tur Alì e gli parlò:
- Figlio mio, ho trovato la ragazza che potresti sposare, ma ci vuole tanto coraggio!
- Coraggio?
- Coraggio, solo tanto coraggio.
- Allora non mi resta che armare il cavallo e partire contro questo nemico. Vedrai se in battaglia so usare questo braccio e abbattere i nemici. Tornerò carico di schiavi e schiave.
- Cos'hai capito, figlio mio? Non ti chiedevo una prova siffatta. Il padre della fanciulla, il re di Trebisonda, la darà in sposa a chi avrà ucciso tre belve feroci. Chi fallisce la prova, è condannato alla decapitazione. Molte teste sono già appese al torrione del castello.
- Andrò, padre, non posso fare a meno di andare.
Qanli Qoga ebbe un tuffo al cuore e si pentì d'aver parlato al figlio della principessa di Trebisonda.
- Figlio mio, - gli disse - l'impresa è difficile: la ragazza è molto bella, ma il carnefice è pronto a mozzarti la testa. Pensaci bene e non dare questo dolore alla tua vecchia madre e a tuo padre dai capelli bianchi.
- Padre, rispose Tur Alì - non posso comportarmi da vile. Andrò a Trebisonda dalla principessa e lotterò con le belve feroci. Forse sarò fatto a pezzi da quelle, forse sarò io a metterle sotto i miei piedi. Ma voi non abbiate timore e state tranquilli!
Non c'era verso di convincere Tur Alì, perciò i genitori gli dissero:
- Vai e sii fortunato! Ti aspettiamo.
Tur Alì preparò ogni cosa, fece armare i suoi quaranta cavalieri e si avviò. Dopo sette giorni e sette notti di cammino, toccarono il confine col regno di Trebisonda. Al nuovo giorno entrarono in città e si recarono dal principe.
- Eccomi qui, pronto per la prova - disse Tur Alì.
- Da dove vieni? - gli domandò il principe.
- Vengo da lontano, dalla tribù degli Oguz di cui è signore mio padre, Qanli Qoga. Ho cavalcato sette giorni e sette notti per raggiungere Trebisonda. Voglio tua figlia in sposa. Che il dio Allah sia testimone!
- Sarai sottoposto alla prova, subito!
Tur Alì fu accompagnato al campo e destò la meraviglia di tutti, anche della principessa che lo osservava dal chiosco.
"E' meraviglioso questo cavaliere! - ella si disse - Sarebbe un peccato se morisse per colpa di quelle belve. Volesse Iddio convincere mio padre a darmi in sposa a lui senza la terribile prova!"
Fu portato il toro legato con una catena di ferro. Era un bestione immenso che scalpitava inferocito. Al solo vederlo i quaranta cavalieri di Tur Alì furono presi dalla disperazione e cominciarono a piangere. Ma il giovane li rincuorò:
- Perché vi disperate? Che il toro sia lasciato libero e si lanci contro di me!
Fu tolta la catena al toro. Il bestione allora puntò su Tur Alì, simile a una tempesta, ma il giovane non si spaventò e gli assestò un gran pugno sulla testa. Il toro barcollò e si inginocchiò sulle zampe posteriori, poi tornò alla carica. Tur Alì non cedette e a lungo lottò con quel mostro, finché lo vide stanco e con la schiuma alla bocca. Allora lo prese per la coda e lo scaraventò a terra: lo strangolò, lo scuoiò e ne portò la pelle al principe. Rimasero tutti a bocca aperta.
Si fece allora avanti il nipote del principe e disse:
- E' la volta del leone. La principessa non è ancora sposa dello straniero.
Fu fatto uscire il leone. Al vederlo i cavalli vomitarono sangue e i quaranta cavalieri di Tur Alì si misero a piangere, ma il giovane non aveva paura e disse:
- Perché vi disperate? Ho con me la fedele spada con la quale saprò farmi giustizia.
Il leone avanzò contro Tur Alì; era terribile, ma ne ebbe un tremendo fendente sulla fronte e la mascella fracassata. Poi il giovane lo sollevò e lo scagliò con forza sul campo. Il leone non si mosse più.
- Ti basta ciò che ho fatto? - domandò Tur Alì al principe - non potresti già darmi tua figlia in sposa?
- Date mia figlia a questo valoroso - sentenziò il principe.
- No, principe, - intervenne il nipote - resta che quest'uomo combatta contro il cammello. Se lo vincerà, avrà  tua figlia.
Anche il cammello fu portato nel campo. Questa volta Tur Alì se la vide brutta. Il forte animale lo inseguiva e lui gli passava sotto le gambe. Non ce la faceva più, era troppo stanco dopo la dura lotta con il leone e il toro. Era la fine per Tur Alì. Sei uomini muscolosi lo presero per le braccia e si prepararono a tagliargli la testa. Ma i quaranta compagni lo incoraggiarono;
- Tur Alì, rimettiti in piedi e ricorda chi sei! Sei venuto in questo paese, hai lottato da eroe, hai ucciso il leone e il toro, non hai avuto paura di nessuno. Pensa alla nostra tribù, ai poveri Oguz che ricorderanno la tua sconfitta. Pensa alla povera madre in lacrime, al padre che sarà disperato! La principessa è nelle tue mani e tu, amico, la rifiuti?
Tur Alì si scosse. Chiese la protezione del grande Maometto, il Profeta, e di Allah, l'unico dio, e si lanciò contro il cammello.
Gli assestò un calcio tale che gli spezzò una zampa, poi gli andò sopra e lo strangolò.
Il principe sorrise compiaciuto.
- Cavaliere, non mi ero sbagliato: sei forte e coraggioso. L'ho subito capito.
Poi, rivolto ai suoi, disse:
- Preparate quaranta tende per i quaranta cavalieri e affrettate la cerimonia nuziale. Si faccia tutto al più presto! Avvertite mia figlia Salgan Hatun.
Il giorno dopo Tur Alì pensò che fosse meglio avvertire suo padre della bella impresa; dopo avrebbe pensato alle nozze. Fu così che si presentò al principe e gli chiese congedo. Sarebbe partito con Salgan Hatun.
- Partite pure - assicurò il principe con un dubbio sorriso. - Che Allah guidi e vostri passi! Vi attenderò.
Tur Alì e Salgan Hatun si allontanarono da Trebisonda e dopo un lungo cammino, piantarono la tenda in una valle.
Intanto, il principe aveva cambiato idea sul matrimonio della figlia e aveva deciso di non darla più in sposa a Tur Alì. Non gli importava di avere per genero un giovane tanto valoroso: era uno straniero, un infedele, uno che veniva da lontano.
- Un esercito insegua Tur Alì e mia figlia! - urlò nella grande sala del palazzo - Riportatemi Salgan Hatun!
I cavalli corsero come furie e presto raggiunsero la tenda di Tur Alì. Ad accorgersi del pericolo fu la sua sposa:
- Svegliati, mio sposo, - gli disse dolcemente - i nemici sono arrivati. Vedo che hanno cattive intenzioni. Armati e dimostra qual è il tuo valore. Io ti sarò vicino col mio amore.
- Pregherò dapprima il nostro grande dio - le rispose Tur Alì.
Il giovane si levò in piedi, recitò le preghiere di rito, si armò e corse a combattere. Quando vide la sua sposa correre armata contro i nemici, ne fu meravigliato e le disse:
- Dove vai, dolce sposa?
- Vado incontro ai nemici, non posso restare qui - rispose lei. Sono troppi e bisogna combattere entrambi o morire.
- Sei una donna coraggiosa - esclamò Tur Alì ammirato.
Durante la battaglia la sposa combattè con coraggio e, quando vide il suo uomo assalito da cento nemici armati, non esitò a lanciarsi nella mischia con strage di tutti. Tur Alì aveva il viso bagnato di sangue; il suo cavallo era stato colpito. Salgan Hatun gli salvò la vita. Non un solo nemico sopravvisse.
Tur Alì ebbe quasi invidia della sposa. Pensò che potesse vantarsi di essere più forte di lui.
- E' possibile che tu sia così abile in combattimento? - le chiese.
- Avrei dovuto lasciarti uccidere, mio sposo? - rispose lei con semplicità.
Si avvicinarono, si baciarono. Risalirono a cavallo e raggiunsero la terra degli Oguz dove festeggiarono le loro nozze.


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